GLI ERRORI CAPITALI DELLA BUONA SCUOLA

La buona scuola “renziana” sta attraversando un momento di oggettiva difficoltà: supplentite cronica, ricorsi, probabili errori, scuole ingolfate e per niente potenziate.

I giornali cominciano a raccogliere e descrivere spaccati di scuola reale, mentre un anno fa costruivano i loro articoli sui comunicati stampa e le slides governative. Così la buona scuola dei sogni renziani va a sbattere contro la scuola dei fatti quotidiani, dove dopo due mesi mancano ancora troppi prof, dove ogni settimana c’è un episodio di sicurezza a rischio, e dove neanche il più ottimista può scorgere, misurare, monitorare miglioramenti ed incrementi di soddisfazione e di qualità.

Lo stesso Renzi comincia a rendersene conto e ha fato una parziale autocritica. Ma non ha capito gli errori, che tenta di scaricare in toto alla Giannini. Per migliorare invece, prima bisogna capire gli errori, come ogni insegnante dice ai suoi alunni. Da professionisti della scuola, proviamo a spiegarvi noi.

LA FRETTA

Renzi va di fretta e in poco tempo vuole cambiare verso all’Italia. Così in soli in due mesi ha fatto stendere ai suoi consulenti di fiducia l’accattivante opuscolo chiamato Buona Scuola. Era il settembre 2014. A stretto giro, è partita la finta consultazione. Dopo due mesi erano già pronte le slides con i risultati. Hanno partecipato in pochi alla consultazione pro forma, e questa è stata la delusione. E poi in rapida successione le assunzioni in massa con l’algoritmo esoterico. Dentro oltre 100mila nuovi assunti con le fasi Zero, A, B, C. Una cosa mai vista in così poco tempo. Finalmente la svolta, dicono, l’autonomia potenziata, e tante novità…..

LA SUPERFICIALITA’

Renzi ha ammesso un errore di “comunicazione”. Ma l’errore capitale è stato quello di affidare la riforma della scuola a degli esperti di comunicazione e non di scuola. I quali si sono messi al lavoro elaborando alcune idee “innovative” già pronte all’uso che giravano nella cerchia di Confindustria Education dal 2008. Anno confezionato un bell’opuscolo accattivante per l’opinione pubblica. Il premier ha ritenuto che bastasse questo per creare consenso. E ha dato l’ordine di avanti tutta, convinto che la palingenesi fosse a portata di mano. Chiunque avanzasse delle osservazioni o perplessità era un gufo. Anche i sindacati erano da rottamare.

Riformare la scuola non è tuttavia così semplice come presentare delle slides in Tv. Specialmente se le intenzioni sono di sconvolgere gli organici di 750mila docenti introducendo gli ambiti territoriali e la chiamata diretta, immettere in ruolo 100mila nuovi assunti, aprire un concorso per oltre 60mila, tutto nel giro di pochi mesi, senza una previsione di gradualità, senza una fase transitoria.

L’ARROGANZA

La fretta è cattiva consigliera, diceva un vecchio saggio proverbio. Ma l’arroganza ancora di più. L’arrogante suppone che, avendo il potere, può fare qualsiasi cosa senza dare retta a nessuno.

La legge 107, elaborata in pochi mesi, consiste in un suo articolo di 212 commi, con una ventina di obbiettivi tutti prioritari e fondamentali, e una ventina di deleghe (i cui termini scadono a Gennaio) praticamente su tutte le materie che riguardano la scuola, dal reclutamento alla valorizzazione della professione docente, dalla revisione dei percorsi dell’istruzione professionale alla valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, agli esami di stato, al riordino organico di tutte le disposizioni normative.